verona brutti caratteri 2019

Giovedi 26 Settembre, Verona, Festival delle Culture e dell’ Editoria Indipendente Brutti Caratteri

H 18.00 Presentazione della nuova edizione rivista e aggiornata del volume  Il lato oscuro di Google, Milieu Edizioni

Una recensione del libro di Luca Pantarotto su Minima et Moralia

C’era una volta il futuro. Per buona parte del Novecento l’abbiamo sognato, inseguito e temuto, sulla cresta di un’onda tecnologica sempre più inarrestabile che sembrava porsi l’obiettivo di tradurre in realtà, nella seconda metà del secolo, ciò che i più audaci scrittori di fantascienza avevano immaginato nella prima. Negli anni ’80 e ’90 la mia generazione si è nutrita, a tutti i livelli dell’immaginario, di scenari futuristici in cui l’uomo si sarebbe invariabilmente trovato al centro di dinamiche di controllo o di conflitto legate a una crescita sfrenata del ruolo delle macchine nella nuova società, accompagnata di volta in volta da vari gradi di inquietudine, dall’ansia generica e sottile all’apocalisse imminente.

Un genere di storie che seguiva più o meno sempre la stessa curva: da una situazione iniziale di entusiasmo tecnocratico che portava l’umanità a delegare alle macchine funzioni e competenze sempre più estese, dall’amministrazione domestica al controllo degli armamenti nucleari, si scivolava verso un punto di non ritorno in cui le macchine stesse, ormai detentrici di intelligenza e capacità decisionali perfettamente autonome, si accorgevano di non aver più bisogno dell’uomo, apprestandosi quindi ad assoggettarlo, incorporarlo o sostituirlo. Finché qua e là iniziavano a formarsi nuclei di resistenza che, in formazioni via via più cospicue, sferravano l’attacco finale al centro del potere in nome del ritorno alla libertà e una società nuovamente antropocentrica.

Le implicazioni di un topos così fertile sono evidenti, e infatti negli anni si è costruita, intorno alla contrapposizione uomo-macchina, una vera e propria tecnomitologia coesa e perfettamente definita nelle sue caratteristiche. E poco importa che poi il futuro abbia preso un’altra direzione, e che oggi gli scenari catastrofici che per decenni hanno alimentato il nostro immaginario suonino più fantascientifici delle navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione.

Perché, se è vero che il futuro (cioè il nostro presente) non è ancora dominato da robot senzienti che sovrintendono al posto nostro a ogni aspetto dell’esistenza, è innegabile che, appena sotto la superficie della nostra realtà quotidiana, agiscano intelligenze artificiali meno appariscenti, e perciò più sottili e insinuanti, di quegli automi umanoidi che sognavamo da piccoli: gli algoritmi. Processi matematici intelligenti e adattivi in grado di setacciare ogni nostra minima attività in rete, classificando e archiviando gusti, interessi, preferenze, opinioni, simpatie, antipatie per accumulare un patrimonio di metadati collettivi da cui estrarre tendenze e modelli di comportamento, attitudini cicliche o eccentriche nella gestione delle nostre scelte, paradigmi cognitivi e relazionali, tutto.

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Ippolita@brutticaratteri
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