Controllo e mondo. Logiche e illusioni
Le nostre azioni sono potenzialmente monitorate, registrate e archiviate ventiquattrore su ventiquattro, grazie al rapporto pressoché fusionale che abbiamo con i nostri smartphone e gli altri dispositivi digitali che fanno parte della nostra vita, dalla domotica ai sistemi tecnologici integrati nelle nostre autovetture. Per non parlare delle telecamere presenti a ogni angolo di strada nelle grandi città e dei sistemi di pagamento oggi più diffusi come carte, trasferimenti digitali di denaro e così via. Tutto questo è la quotidianità per miliardi di persone.
Ci riferiamo a un insieme di informazioni, anche molto sensibili, che dicono pressoché tutto su cosa facciamo. Questo tipo di controllo è quello che avviene grazie al tracciamento delle nostre interazioni mediate tecnologicamente.
Il controllo però avviene anche in altri modi e in altri sensi, per esempio se costruiamo un oggetto o uno spazio possiamo prevedere e decidere come verrà usato e vissuto, in base alle caratteristiche che gli daremo. Non è solo una questione di affordance (le caratteristiche fisiche che ne suggeriscono l’uso) è una questione di potere. Perché c’è un dislivello non facilmente colmabile tra chi progetta e costruisce uno spazio, un manufatto, un dispositivo e chi poi lo userà.
Più è ampio e sconfinato l’ambiente di cui si fa esperienza e meno è immediatamente comprensibile la cornice nella quale agiamo. Più è complesso il dispositivo o lo strumento e meno il suo uso può essere reinventato, innovato, capovolto o rovesciato.
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