Robert Chapman L’impero della normalità
Giovedi 23 Ottobre h 18.00 presentazione del volume alla Libreria Antigone
Robert Chapman L’impero della normalità. Neurodiversità e capitalismo a cura del gruppo di ricerca Ippolita, Mimesis edizioni collana Postuman3. Presentazione del volume con il gruppo Ippolita, Marco Reggio attivista e autore, Enrico Valtellina, docente autore e attivista che ha firmato la postfazione al libro.
L’Impero della normalità descrive un apparato di relazioni materiali, pratiche sociali e procedure amministrative che emergono dal sistema capitalista. Insieme, questi fattori costruiscono una misura della normalità fisica, cognitiva ed emotiva.
Robert Chapman adotta un approccio intersezionale che considera classe, razza, genere, sessualità e disabilità fisica e in questo quadro la neurodiversità diventa una potenza critica che aiuta a costruire una liberazione collettiva.
Il testo di Chapman è il prodotto di un assetto economico e sociale che nel tempo ha creato uno standard cognitivo via via più restrittivo, parallelamente all’affermarsi di disuguaglianze economiche sempre maggiori.
L’uso del termine “impero” aiuta a sottolineare la connessione tra oppressione neurodivergente, colonialismo e imperialismo.
Questo libro colma una lacuna cruciale nel discorso sulla neurodiversità, fornendo una storia profonda dell’invenzione della mente “normale”.
Una recensione di Luca Negrogno su Doppiozero:
Il paradigma della neurodiversità è un approccio sociologico e politico emerso grazie alla riflessione e alla presa di parola dei gruppi di persone adulte impegnate nell’attivismo sulal propria condizione autistica negli anni Novanta, in netto contrasto sia con le visioni mediche sia con quelle antipsichiatriche. Sviluppato inizialmente da teorici come Nick Walker, Kassiane Asasumasu e Harvey Blume, rifiuta la validità di una norma rispetto alla quale tutti i cervelli dovrebbero essere valutati e propone di considerare il funzionamento e le caratteristiche della mente in modo coerente con il principio della biodiversità: come negli ecosistemi ambientali la coesistenza di grandi varietà di individui rinforza la resistenza e l’adattabilità complessiva, così la diversità neurologica è vitale per l’umanità. In questa prospettiva tutti i tipi di mente sono valorizzati e la normalità non è intrinsecamente superiore all’atipicità. Il movimento per la neurodiversità adotta il modello sociale della disabilità, secondo il quale la disabilitazione è un processo eminentemente sociale, derivante dalle strutture e dalle pratiche del vivere collettivo (come la mancanza di rampe o gli ambienti sensorialmente sovrastimolanti), piuttosto che un problema individuale causato dalla menomazione corporea o cerebrale. Di conseguenza, diversi tipi di mente possono essere abili o disabili in ambienti diversi, e nessuno è naturalmente superiore all’altro. Questo non significa negare la sofferenza delle persone autistiche, ad esempio: essa viene compresa nel contesto dell’emarginazione e dell’oppressione sociale che, nel considerare deficit le modalità cognitive, esistenziali e comunicative peculiari, le reprime anziché darvi spazio.